Granfondo Terùn

Domenico Pozzovivo

 

…Nel 2012 scrive la storia del ciclismo lucano con il suo arrivo in solitaria a Lago Laceno, la tappa più meridionale di quell’edizione del Giro d’Italia. Qui con il suo esultare alla Giovinco, lancia un segnale inequivocabile: una spanna sopra gli altri. Ritocca quella pagina di nuovo nel 2015 quando parte per la corsa ciclistica più conosciuta al mondo: il Tour de France, ed il primo lucano al Tour ha saputo dare spettacolo anche in Francia.

Ne ha fatta tanta di strada dal 2005, anno in cui si consacra tra le file del professionismo vestendo la maglia di colore arancione della Panaria- Navigare, gradino per pochi anzi, pochissimi. Una carriera lunga e ricca di attacchi in salita, ma anche di cadute e rialzate continue. Domenico è uno di quelli che non si è mai autocelebrato, non si auto- consacra sui social network, a fatica si dà del “bravo” anche quando meriterebbe un “bravissimo”, perché si può sempre fare di meglio. Non conosce le regole del selfie perfetto ma quelle della meteorologia, che consulta ogni giorno fin da liceale, tra gli spartiti di Beethoven e le versioni di latino da tradurre.

Mentre la strada s’impervia come un cavallo impazzito, il suo cambio scricchiola e non importa che marca di bicicletta abbia, non importa se il suo computerino non è all’ultimo grido, Pozzovivo non fa nemmeno una smorfia in volto, non serra i denti: sornione contrae i suoi muscoli e inizia la sua danza sulle note dell’asfalto, beffeggiando ogni pendenza. Non c’è montagna che tenga perché lui le conosce tutte e da ogni versante: Punta Veleno, Zoncolan, Mortirolo, Stelvio o Pordoi, quasi come fossero dei gusti di gelato, lui li ha assaporati tutti. Domenico oggi indossa la maglia della squadra World Tour Bahrain-Merida e tra le mura medievali del borgo svizzero di Morcote, scruta le nuvole e pianifica la prossima salita da sfidare.

dal sito web www.domenicopozzovivo.it


   

Maurizio Fondriest

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Maurizio Fondriest (Cles15 gennaio 1965)

Professionista dal 1987 al 1998, fu campione del mondo in linea nel 1988 e vinse la Milano-Sanremo nel 1993.

La sua carriera agonistica toccò l’apice con la vittoria nella prova in linea ai campionati del mondo di ciclismo su strada 1988, corsa sul circuito di Renaix, in Belgio. Solo ventitreenne, era già stato protagonista di un’annata in cui aveva vinto una tappa alla Tirreno-Adriatico ed era giunto secondo alla Milano-Sanremo. Il C.T. Alfredo Martini puntava su compagni più accreditati, ArgentinBontempiBugno e Saronni. All’inizio dell’ultimo giro della prova, scattò Claude Criquielion, già campione del mondo nel 1984, e Fondriest gli si mise a ruota. Davide Cassani impedì che dal gruppo si staccassero corridori pericolosi come Fignon e Pensec, annullando ogni tentativo di rientro sulla fuga del compagno, notoriamente veloce nelle volate. Nonostante il lavoro del team italiano, a 500 metri dal traguardo il canadese Steve Bauer si avventò sui due fuggitivi. Iniziò la volata a tre: Bauer partì davanti, Criquielion provò a passarlo, ma venne schiacciato dal nordamericano contro le transenne, cadendo rovinosamente. Fondriest andò a vincere, mentre Bauer fu in seguito squalificato. Fu quella la tredicesima vittoria di un corridore italiano nella prova iridata in linea su strada.

Competitivo nelle gare di un giorno, oltre al mondiale vinse una Milano-Sanremo, una Freccia Vallone, un Meisterschaft von Zürich (tutte e tre le vittorie nel 1993) e due volte il Giro del Lazio(1990 e 1994). Durante la carriera accusò problemi alla schiena che ne limitarono in parte il rendimento agonistico[1].

Tra i piazzamenti, fu due volte secondo alla Milano-Sanremo (1988; 1995), una volta secondo alla Gand-Wevelgem (1995), alla Wincanton Classic (1989) e all’Amstel Gold Race (1991); una volta secondo (1995) e una volta terzo (1996) nella Freccia Vallone; una volta terzo alla Liegi-Bastogne-Liegi (1993), alla Clásica de San Sebastián (1991), alla Leeds International Classic(1993) e al Meisterschaft von Zürich (1994); una volta secondo (1993) e due volte terzo (1987 e 1990) alla Parigi-Tours.

Questa continuità nelle gare di un giorno, lungo tutto l’arco della stagione, gli permise di aggiudicarsi due volte la classifica di Coppa del mondo, nel 1991 (senza vincere alcuna prova) e nel 1993, successo costruito tappa dopo tappa a cominciare dalla prima prova, la Milano-Sanremo. Il 1993 è considerato il suo anno di grazia, con 25 vittorie, più di quante ne avesse raccolte fino a quel momento e quasi la metà di tutti i suoi successi da pro: in quell’anno Fondriest si aggiudicò, oltre alla già citata Sanremo, la Freccia Vallone, il GP di Zurigo, una tappa al Giro e le classifiche finali di Giro del Trentino (3 tappe), Tirreno-Adriatico (2 tappe), Grand Prix du Midi Libre (3 tappe) e Escalada a Montjuich (vinse entrambe le prove previste).

In nazionale

Colonna della nazionale azzurra ai campionati del mondo nei primi anni novanta, dopo il titolo conquistato nel 1988, si classificò nono nella corsa iridata nel 1990, undicesimo nel 1991 e quinto nel 1993.
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I Love Amatori

Emanuele Esaia, profondo conoscitore dei circuiti amatoriali e delle granfondo più care ai #pummarolapro, riuscirà ad essere con noi in griglia di partenza il 17 giugno ? Lo scopriremo !!

– Che cosa significa per te la pagina I Love Amatori e come è nata?

Ogni volta sembra che dica un inizio differente rispetto all’intervista precedente, quindi dirò la versione ufficiale: per gioco e per prendere in giro alcuni ciclisti della mia zona.

La versione completa includerebbe il fatto che facevo immagini divertenti da prima, sul mio profilo privato, per mesi con buon “successo” se prendiamo come esempio la valuta di Facebook cioè i like, ma per mesi ho pensato se aprire o meno una pagina. Poi una è andata virale e mi arrivavano richieste d’amicizia da ogni parte, per cui ho trovato il motivo per aprirla definitivamente 😀

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– Cosa fai nella vita? Riesci ad equilibrare gli impegni quotidiani con allenamenti e gare?

Sono ufficialmente uno studente di ingegneria (fuoricorso, lo so che i miei colleghi da tutta Italia già qui ridono, è la solidarietà che li fa sorridere).
Quest’anno ho fatto meno gare (a memoria 4 o 5), prima ne facevo anche 15 all’anno.
Purtroppo le gare richiedono tanto impegno ed il rispetto di date ed è sempre più difficile starci dietro in questo periodo della mia vita.
Pianificare aiuta, d’altro canto gli eventi amatoriali a volte sono spostati anche pochi giorni prima della data ufficiale ed ogni programma salta così.

 E’ dura far combaciare tutto, per cui i mesi migliori per allenarsi e gareggiare rimangono quelli primaverili e estivi con più ore di luce.

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– Cosa pensi dell’evoluzione di uno sport come il ciclismo dai tempi di Coppi e Bartali ad oggi?

Se pensiamo che l’evoluzione tecnologica viaggia in termini esponenziali, ci troviamo in un bel periodo, basta pensare a quanto tempo sia passato per avere i comandi al manubrio dopo decenni di levette sul tubo obliquo.
Ogni 10 anni il progresso sembra raddoppiare velocità, quindi avremo sempre più bici tecnologiche ed efficienti in sempre meno tempo.
Direi fantastico!

Dal punto di vista delle competizioni, gli interessi economici ai livelli dei Pro “ingabbiano” la gara e credo che le federazioni debbano muoversi per preservare lo spettacolo.
A lungo termine uno sport noioso fa perdere interesse nel pubblico e capisci bene che questo può fare solo male all’intero movimento.

– Credi che nel mondo delle Granfondo ci sia troppo agonismo o è giusto lottare per salsa come fanno i pro per una grande classica?

Non credo che ci possa essere mai “troppo” agonismo: La gara è gara.
Che tu corra per una Liegi o che tu corra per la salsa in scadenza del discount, l’impegno è sempre massimo, mentale e fisico.
Andare a fare le gare pensando che l’altro è troppo “agonista” è una mentalità da “vorrei ma non posso”.
Il problema, secondo me, riguarda il dopo gara che va dal primo minuto fino alla successiva.
La vittoria amatoriale ha un valore fine a se stesso, traslarlo come successo di vita può suonare abbastanza ridicolo.
Non è la gara il problema, ma l’idea che l’amatore se ne fa di essa e del risultato che ottiene.
In 3 parole: Piedi per terra.

– La nostra Granfondo sarà a forte vocazione “terrona”, come la immagini?

Vivendo a Messina, mi aspetto che ci sia Sole, Caldo, Mare, bei paesaggi e soprattutto bella gente!

– Come vedi attualmente il binomio “Sud Italia – Ciclismo”?

L’attività amatoriale è presente, si corre praticamente ogni Domenica, bisogna solo scegliere quanto spostarsi e quanto tempo voler impegnare nel fine settimana.
Per fare carriera e sperare di passare nei Pro (avendo le doti), significa iniziare qui in Terronia e poi necessariamente spostarsi al Centro Nord per mettersi in evidenza.

A livello Pro, tranne i talenti nativi di qui, non abbiamo più una gara di rilievo e questo è un dispiacere per tutti.

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– Il più grande pregio e difetto che possa avere un ciclista?

Il più grande pregio credo che sia la resistenza mentale, è uno sport in cui oltre al fisico serve anche cervello sia in gara che in allenamento.
Un difetto, come dicevo sopra è non tenere i piedi per terra 🙂

– Qual è l’ultimo regalo che ti sei fatto per la bici?

Il padellone da 53 😀

– Sei siciliano come Vincenzo Nibali, siete mai usciti in bici insieme?

 Si ed ogni volta mi chiede di andare più piano, perchè non ce la fa a stare al mio ritmo.
E’ fortarello quando corre senza avversari, ma niente di che.
Pensa che ho dei KOM che non mi è ancora riuscito a prendere AHAHAH

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– Ti aspettiamo il 16 e 17 giugno per la Granfondo Terùn a Scalea?

Con piacere, la conferma come per altri eventi in programma la riesco a dare entro il mese precedente 😉

 

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